Vi sono parecchie contrade abbandonate tra le montagne bellunesi, lasciate in balia della natura, pronte per essere esplorate dagli amanti di Urbex. Per chi non sapesse cosa sia, per URBEX si intende l’esplorazione urbana di strutture artificiali, spesso abbandonate e come potevo non avventurarmi tra le montagne alla ricerca dei paesi abbandonati?!
Oggi vi porto al borgo abbandonato di Fumegai, vicino al Lago del Corlo (Leggi l’articolo su cosa fare e cosa vedere sul lago del Corlo), in mezzo alle montagne ricche di natura incontaminata. Il suo nome non è presente nelle carte topografiche e per raggiungerlo ci vuole più o meno 1h30 di camminata tra i fitti boschi.
INDICE DEI CONTENUTI
Prima d’intraprendere il sentiero per il borgo abbandonato di Fumegai, devi assolutamente indossare scarpe da trekking, riempire la borraccia e caricarti di energia che te ne servirà tanta, in quanto quasi tutto il percorso è in salita, in mezzo al bosco.
Prima di tutto, arrivati sul Lago del Corlo, parcheggia la macchina vicino al Bar Anna e prosegui a piedi fino al Ponte della Vittoria (11minuti di percorrenza), sarà il tuo punto di partenza per questa lunga camminata.
Arrivato vicino all’imbocco della strada per raggiungere il Ponte troverai un cartello informativo con indicati alcuni sentieri, tra cui quello segnato in bianco per arrivare alla contrada abbandonata.
Superato il Ponte della Vittoria, segui la strada asfaltata che procede verso la tua destra. Se vuoi tagliare la strada prendi direttamente il sentiero dritto a te che procede in mezzo al bosco, successivamente ti troverai sulla stessa strada asfaltata.
Prosegui il sentiero fino a quando arriverai a un insieme di case; sarai arrivato alla contrada Boldi.
Supera la contrada e prosegui per la strada asfaltata, al primo bivio prendi il percorso che si addentra nel bosco verso destra (l’altra prosegue salendo in sinistra). Impossibile sbagliare perché troverai un cartello con l’indicazione di seguire il sentiero n°7 per la frazione di Fumegai.
Da qui il sentiero è sempre in terra battuta e mi raccomando fai molta attenzione in quanto alcuni punti sono molto esposti.
Proseguendo la strada troverai il secondo bivio, qui dovrai imboccare il sentiero di sinistra che sale su di una stradina acciottolata. Anche qui, difficile sbagliarsi grazie ai cartelli. Al termine di questa salita iniziano a vedersi le prime case: WELCOME TO PARADISE!
Oggi, a Fumegai ci sono poche case ma tutte più o meno hanno una struttura uguale. Sono tutte costruite con le pietre del posto e le lamiere di Arsiè, ma porte, finestre, pavimenti e utensili sono stati prodotti nella stessa Fumegai dai suoi abitanti.
La maggior parte delle case sono “visitabili” ma bisogna fare sempre molta attenzione. Al piano terra ci sono la cucina con i cassetti spalancati e, particolarmente in una casa, la zona giorno è decorata con dei minuziosi murales. Invece, ai piani superiori vi sono le camere con il letto ancora sfatto e le poltrone inutilizzate da anni.
La natura e la polvere ormai hanno preso il sopravvento!
Vivere in mezzo alla montagna non era di certo facile, soprattutto all’epoca (parliamo dei primi anni del 1900) e chiedeva tanta fatica. A Fumegai gli abitanti cercavano di fare tutto pur di sostentarsi con le loro forze e di certo non avevano una vita semplice. Erano un popolo tutt’uno con la natura, con la piena consapevolezza di quanto questa possa dare ma allo stesso tempo togliere.
Loro stessi erano i curatori delle loro ferite, delle loro malattie e dei loro traumi.
Gli abitanti erano dei grandi lavoratori e famosi carbonai, tanto che, a causa della tanta fuliggine sulla loro pelle, il borgo venne chiamato appositamente Fumegài.
Ogni famiglia aveva una capra, una pecora e una mucca e si produceva il formaggio e il burro. Orti e vigne circondavano le abitazioni e ognuno aveva la propria cantina per produrre il vino e la grappa. Dopotutto anche loro, provati dal troppo isolamento e confinati nella propria solitudine, dovevano trovare un modo di “divertirsi spensierati”.
Veniva coltivato il tabacco, di nascosto dalla Finanza per guadagnare qualcosina in più, e il baco da seta che successivamente veniva acquistato dai Consorzi Agrari di Feltre e da quello di Pedavena. Venivano raccolti tanti cavoli che, dopo essere stati pestati dentro a dei bidoni, diventavano dei gustosissimi crauti. Inoltre, non mancava produzione della polenta e delle luganeghe di maiale (salsicce), soprattutto in inverno.
In caso di questioni ed esigenze c’era un esperto per tutto: chi riparava le scarpe, chi le case, chi costruiva gli utensili, chi era sapiente delle erbe, chi del bestiame e chi era una sorta di “giudice” che attutiva le divergenze. Se serviva un medico, bisognava recarsi ad Arsiè, invece per il veterinario era necessario andare a Carazzagno, una borgata dopo Fumegai.
Nemmeno per i giovani la vita era semplice: dovevano percorrere decine di kilometri al giorno per raggiungere la scuola, come Giuseppe Strappazon, “uno degli ultimi bambini di Fumegai”, che andava a scuola a Carazzagno, nonostante le possibili slavine e valanghe. Crescendo, con il passare degli anni, anche la ricerca del lavoro era impegnativa; le ragazze appena compiuti 15/16 anni andavano a fare le domestiche nelle grandi città o da persone ricche della zona, invece i ragazzi andavano a lavorare in giornata da chi aveva allevamenti fino a quando non aprirono i confini con la Svizzera e la Francia.
Gli uomini di Fumegai erano molto conosciuti e apprezzati per i loro lavori. Andavano a lavorare qua e là, dove venivano chiamati e si arrangiavano; vi erano fabbri, falegnami e muratori ma anche bravi braccianti per i vari lavori manuali e artigianali.
Con la costruzione della Diga del lago del Corlo (anni ’50), la riva sud si ritrovò completamente isolata da tutto il resto della zona e ciò portò solo scontento tra gli abitanti. Così iniziò l’emigrazione soprattutto verso la Svizzera e chi rimase nel borgo si ritrovò ancora più isolato di prima! Gli ultimi abitanti vennero portati via dal vento e per ben 20anni il borgo di Fumegai rimase disabitato!
Verso gli anni ’70 un gruppo di hippie arrivò qui e iniziò a ripopolare il borgo. Presto però, arrivò alle forze dell’ordine un’informazione su un presunto suicidio a Fumegai e venne organizzata una retata. All’arrivo delle forze dell’ordine i figli dei fiori sparirono e i documenti e le foto della retata vennero insabbiati.
Da quel momento il borgo di Fumegai venne lasciato in balia della natura fino a oggi!
Nel libro “Oblivion: il borgo fantasma” vi sono raccontate sapientemente le testimonianze degli ultimi abitanti di Fumegai. Secondo varie documentazioni il primo abbandono del borgo avvenne a causa dei lupi. Per saperne di più vai alla fine dell’articolo o acquista la tua copia cliccando qui.
Oggi, grazie a un ragazzo insieme al suo amico a 4 zampe, il borgo sta ritornando a vivere. Li abbiamo conosciuti la prima volta che arrivammo a Fumegai, lui uomo sulla quarantina, ex muratore e abile manovale, Spank un bellissimo Pitbull coccolone ed insieme stanno recuperando la zona.
Gentilmente ci fece vedere casa sua, riportata alla luce con grande abilità! Superato il cancello e il terrazzino panoramico sulla foresta, si entra nel giardino della casa con un orticello, un pollaio e un piccolo magazzino. Al primo piano il salottino con cucina sapientemente curata con librerie di legno create da lui stesso. Adiacente alla cucina una camera matrimoniale, e infine, al secondo piano una camera per gli ospiti. Ma il bagno?? beh, fuori, come si viveva una volta. Non manca corrente elettrica indipendente e connessione internet.
Camminare per le stradine del borgo è qualcosa di unico e ti fa riflettere su quante comodità abbiamo nelle nostre case ma soprattutto nella nostra società.
A Fumegai non avevano un bagno all’interno della casa, non c’era né corrente né acqua calda ma soprattutto non arrivavano i mezzi di trasporto. Là sù erano da soli con la montagna e le sue intemperie.
Erano una comunità autosufficiente, basata sulle loro regole e conoscenze di sostentamento.
Eppure, al giorno d’oggi, esistono ancora persone audaci e coraggiose disposte a rinunciare alle comodità e capaci di sopravvivere in una casa di un borgo abbandonato, come si viveva un tempo.
A Fumegai non esiste la ricchezza materiale ma prevale quella dell’anima!
Per conoscere la storia, le leggende e le tradizioni di Fumegai ti consiglio di leggere assolutamente il libro OBLIVION: IL BORGO FANTASMA scritto da Marco De Mattia con la documentazione fotografica di Massimo ZanettI.
Puoi acquistare la tua copia cliccando qui al prezzo di 18,00€ oppure puoi acquistarlo presso il Bar dall’Anna sulle rive del Lago del Corlo ad un prezzo scontato. Non è solo un libro da leggere ma anche una mostra fotografica in un libro. Lo conserverai volentieri nella tua libreria.
***
Ciao sono Giovanna, ti ringrazio di cuore per aver letto il mio articolo. Se vuoi scoprire di più su chi sono, clicca qui
Vuoi rimanere aggiornato sui luoghi da visitare in Triveneto? Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato sulle mie guide per scoprire i luoghi, le tradizioni ed i sapori autentici del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige.
Alla prossima escursione Urbex nei paesi abbandonati
Stay Tuned !!